Scajola e Romani: interventi a gamba tesa.
Qualcuno ha ipotizzato che l’inaccettabile reazione messa in atto dal Ministro Claudio
Scajola e dal Sottosegretario Paolo
Romani che ha addirittura aperto un’
istruttoria che accerti se “
Anno Zero”
rispetta i termini contrattuali, sia partita da una telefonata che il
Premier avrebbe fatto, dalla riunione di Pittsburgh, al Ministro dello
sviluppo economico.
Non è escluso che questa telefonata ci sia stata, ma la decisione di
scatenare l’inferno dopo la messa in onda della trasmissione in
questione, siatene certi, era già presa. Tutto rientra nella strategia
dell’intimidazione e
se a Travaglio non è stato ancora rinnovato il contratto è per fargli capire che se tiene a freno la lingua va avanti altrimenti sarà epurato.
Dunque il mandante di questa ulteriore ferita alla libertà
dell’informazione lo conosciamo, ma ora sarà bene dare anche
un’occhiata ravvicinata ai due “sicari” di turno.
Sappiamo tutti chi è Scajola e quali sono i suoi
meriti nei confronti della Repubblica e dei suoi cittadini ma, per
qualcuno che avesse corta memoria, una rinfrescatina non farà male.
Senza mettere in conto una detenzione di 70 giorni a S.Vittore per
un’accusa di concussione dalla quale è stato scagionato perché
riconosciuto estraneo ai fatti, bisogna ricordare che questo sant’uomo
era il Ministro degli Interni durante i raccapriccianti pestaggi del G8 di Genova.
Dichiarò all’epoca: “Fui costretto a dare ordine di sparare se i
manifestanti fossero entrati nella zona rossa”. Dichiarazione poi
ritrattata come di consuetudine fa il suo capo supremo. In quella
occasione e sotto la sua direzione la polizia fu artefice di una
vendetta a freddo nella quale si ruppero teste, si fracassarono
mandibole e costole, si fratturarono setti nasali, si fecero cose
insomma, degne di una polizia da stato sudamericano.
Questo brav’uomo, scegliete voi il comportamento più becero, è lo stesso che all’indomani della morte di Marco Biagi ebbe a dire che il giuslavorista, vittima delle Brigate Rosse e che invano aveva chiesto una scorta, era un “rompicoglioni”. Per questa sua uscita, ricca di umanità, fu costretto a dimettersi.
Paolo Romani non dispone di un pedigree così
nutrito ma venendo da esperienze di direzioni televisive (TVL, Tele A,
Telelombardia) ha, dovete capirlo, molte affinità col Cavaliere che
difende a spada tratta e a qualunque costo salvo ad abbandonarlo se e
quando dovesse avere la percezione che il monarca sta cadendo dal
trono. Ipotizzo quanto ho detto dal fatto che avendo il signore in
questione bazzicato i radicali, c’è da aspettarsi da lui ondivaghi
comportamenti simili a quelli dei vari Taradash, Capezzoni, etc.
In collaborazione con i due rappresentanti del governo appena descritti
Feltri (Il Giornale) e Belpietro (Libero), altre due fidate pistole del
cavaliere, hanno iniziato una campagna contro il pagamento del canone che ha il solo scopo di demolire definitivamente la Rai e favorire ancora una volta Mediaset.
Intanto il despota, tornato dagli Stati Uniti, ha partecipato alla
festa del “Popolo della libertà” e ha, ancora una volta, abbaiato il
proprio livore contro l’opposizione tirando
fuori una sfilza di accuse che riguardano i rapporti fra noi e i nostri
soldati e che tanto per cambiare erano un cumulo di menzogne.
Che il sig. Tv menta è cosa risaputa, ma si deve rilevare che in
questa orchestrata campagna d’intimidazione egli ha ormai contagiato
una buona parte di quelli che lo attorniano. Non si spiegherebbe
altrimenti come tutti, sapendo di mentire, sostengano che i
comportamenti immorali del Premier siano solo fatti privati e che
l’opposizione corra dietro al gossip.
Le accuse rivolte di recente da parecchi esponenti della maggioranza
secondo i quali si starebbe preparando un colpo di stato attraverso
questi “stupidi pettegolezzi” fanno parte di una sapiente regia volta a
smorzare gli eventuali effetti di una bocciatura del “lodo Alfano” e a giustificarne le reazioni.
Se qualcuno spera che Berlusconi possa rassegnare le
dimissioni nel caso la consulta bocci il “lodo” è bene che si prepari a
una forte delusione. Piuttosto che dimettersi sarebbe capace,
lui sì, di fare un colpo di stato e se vi fossero le probabilità di
riuscita, siatene certi, non avrebbe alcuna remora a farlo, ma poiché
l’Italia è un paese la cui vocazione democratica è fortemente
consolidata e nessuno, di nessuna parte politica, può seriamente
pensare a colpi di stato, sono sicuro che avranno già studiato come
regolarsi nell’eventualità che il lodo venisse bocciato, cosa
quest’ultima, nella quale credo molto poco visto che, due, tra i
giudici che devono emettere il giudizio, sono amici del Premier e
banchettano a casa sua.
Fonte: AgoraVox