E' un anno che mi trovo nel cosiddetto Nord-est.
Tanti potrebbero essere i luoghi comuni o le frasi fatte per descrivere questa
parte d'Italia. Tanti e tante quante sono le scritte innumerevoli che inneggiano
alla Lega sui muri che costeggiano e le strade qui intorno.
Eppure, proprio qui, ho saggiato per la prima volta il lavoro in fabbrica;
anzi, oserei dire che ho conosciuto, finalmente, il lavoro regolarmente retribuito.
Adesso ho contributi sempre versati e ferie rimunerate. Mi sembra incredibile,
vedo così riconosciuti quelli che sono, in fondo, solo miei diritti.
Certo, questo "paradiso" dei diritti sindacali costa. Col
salario copro a fatica l'affitto, mentre in fabbrica la polvere delle lavorazioni
ti s'infila dappertutto. Anche le posizioni di lavoro sono spesso funamboliche.
Qualcuno, sottovoce, dice persino pericolose. Infatti, ho scoperto, mio malgrado,
che in fabbrica è "vietato farsi male". E' un divieto perentorio,
anche se non figura in bella mostra sui tanti cartelli appesi alle pareti
dell'officina. La massima più ricorrente da queste parti è la seguente: "Se
ti fai male è perché sei stato gran mona".
Il mio primo giorno di lavoro un operaio marocchino si è
tranciato di netto due dita alla trafilatrice. Scarsa o del tutto inesistente
la solidarietà degli altri operai. Uno più anziano, senza mezze parole, disse:
"è stato un mona, tutti a noi ce li mandano". Da queste parti, del resto,
un marocchino o è un mona oppure è un criminale. Un capo, a sua volta, rimarcava
che tanto "c'è l'Inail che paga".
I giorni passano. Tutti uguali a quelli che li hanno preceduti. Fino a quando
non tocca a me "farmi male". Scivolo e finisco direttamente
su dei rulli d'acciaio. Avverto un dolore fortissimo al fianco, ho difficoltà
persino a respirare. Non mi hanno voluto portare all'ospedale, contro ogni
norma sindacale e di più elementare buon senso. Tutti sostenevano che non
era successo niente. Anche gli altri operai. A fine turno, il dolore si è
fatto sempre più forte, così ho deciso di andarci da solo. Quel "niente"
si è rivelato poi essere due costole incrinate...
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