Dopo le dichiarazioni del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che fa distinzioni tra le leggi razziali e il fascismo ho inviato questa lettera a Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana, Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e Settimio Di Porto del direttivo dell’associazione Figli della Shoah annunciando le mie dimissioni dal consiglio del Museo della Shoah. ieri è stata una giornata intensa, la posto oggi.
Cari amici,
voi soli sapete quanto sforzo io abbia messo in questi anni per dar corpo alla proposta di un museo romano della Shoah, credo che l'impegno profuso insieme a voi abbia scritto una pagina importante per la vita di questa città, una città che da sindaco ho sempre cercato di unire attorno ai valori della democrazia e della libertà. Un lavoro iniziato con i viaggi compiuti insieme ai ragazzi delle scuole romane ad Auschwitz, insieme a protagonisti e testimoni di eccezionale umanità come Shlomo Venezia, Piero Terracina le sorelle Bucci e tanti altri, e proseguito via via sempre più concretamente nel progetto di una struttura museale dedicata al ricordo di questo nostro terribile passato, che ha visto la persecuzione, la deportazione e lo sterminio degli ebrei romani e italiani insieme a quelli dell'intero continente dominato dal nazifascismo.
Elie Wiesel, ricordo, aveva accettato la mia richiesta di diventare presidente onorario di questo museo. Sono state proprio le vostre sollecitazioni ad entrare nel consiglio di amministrazione del comitato dei fondatori del Museo della Shoah che mi hanno spinto a farne parte. Ho accettato per senso di responsabilità e per portare a termine un lungo lavoro condiviso con voi e tanti altri. Ho deciso ora però di presentare le mie dimissioni dal consiglio dopo le dichiarazioni del sindaco Alemanno che mi sono apparse gravissime.
Quel tentativo di esprimere un giudizio “doppio” sul fascismo, questa ambiguità non chiarita e anzi se possibile aggravata dalle successive dichiarazioni mi feriscono e mi fanno ritenere impossibile rimanere al mio posto nel comitato presieduto dal sindaco di Roma Alemanno. Ho letto le vostre reazioni alle dichiarazioni del sindaco e mi unisco al limpido giudizio espresso dal presidente Gattegna quando annota che “le leggi razziali sono state emanate dal regime fascista e convalidate dalla monarchia. Quindi mi sembra difficile separare le due cose”.
Così come mi hanno emozionato le dichiarazioni di una persona cui sono lega da un grande affetto come Piero Terracina, quando ricorda che "se non ci fosse stato il fascismo non ci sarebbero state le leggi razziali. Il fascismo è stato allora e rimane ancora una malattia contagiosa, e c'è sempre il pericolo che, se non lo si ferma, diventi inarrestabile. Come accadde allora anche in Europa. E' un'infezione che va bloccata".
E' la natura stessa del fascismo, non soltanto i suoi esiti anche i più orribili, che vanno rigettati e fatti comprendere a tutti, specie ai più giovani. Prima della promulgazione delle leggi razziali il regime fascista aveva già espresso la sua carica totalitaria, aveva soppresso la libertà di tutti, non solo degli antifascisti, aveva perseguitato i suoi nemici, avvelenato l'aria del paese con la sua ideologia pervasiva e violenta. Non è a voi che devo ricordare cosa, dal colpo di stato della “marcia su Roma” e persino prima, era avvenuto nel nostro paese. Dalle sedi sindacali e mutualistiche bruciate, dalle tante violenze perpetrate per imporsi con la forza dei manganelli e dei moschetti nasce quel regime che subito impone la fine delle libertà.
Il delitto Matteotti, la messa al bando di ogni opposizione, la chiusura dei giornali avversari e la normalizzazione di tutta la stampa sono i primi atti costitutivi del fascismo al potere. Allo stesso modo finiscono le libertà di organizzazione e di espressione, gli oppositori come Gramsci vengono rinchiusi nelle carceri fino alla loro morte, altri gettati al confino o costretti all'esilio, altri ancora uccisi vigliaccamente da sicari come Giovanni Amendola, Piero Gobetti, don Minzoni e i fratelli Carlo e Nello Rosselli.
E' il fascismo che spinge l'Italia nelle guerre coloniali che furono, benché in pochi lo ricordino, segnate da crimini gravissimi contro le popolazioni civili come il bombardamento dei villaggi in Etiopia con l'iprite. E' qui che si inseriscono le leggi razziali non come un semplice “cedimento” al nazismo ma come la conseguenza
di uno spirito razzista e antisemita che aveva serpeggiato a lungo nell'ideologia mussoliniana, è qui che si innesta la scelta scellerata dell'entrata in guerra.
In quel conflitto l'Italia fu gettata dal fascismo, e quella guerra provocò milioni di morti in tutta Europa, atroci sofferenze alle popolazioni civili, terribili crimini contro l'umanità. Una guerra che ha la persecuzione e lo sterminio sistematico degli ebrei al suo centro a cui il fascismo italiano, stavolta sotto le divise della Repubblica sociale, contribuì attivamente e consapevolmente come ci ricordano i rastrellamenti nelle strade dell'Italia occupata, il campo di concentramento di Fossoli, o la Risiera di San Sabba.
Non sono gli esiti delle dittature, sia quella fascista che quella comunista ad essere condannabili ma la natura stessa di ogni totalitarismo. Ritengo che una istituzione come il futuro Museo romano della Shoah al cui progetto
abbiamo lavorato in tutti questi anni con la passione che sapete, che ha al centro proprio l'affermazione di una memoria condivisa come fondamento della convivenza civile e che fa del ricordo della Shoah un elemento imprescindibile non possa ammettere ambiguità o incertezze. Per questo, anche se con grande rammarico, vi annuncio le mie dimissioni. Al tempo stesso voglio confermarvi che continuerò a compiere ogni sforzo insieme a voi perché il Museo romano della Shoah possa realizzarsi e possa essere il luogo della denuncia di ogni dittatura e ogni totalitarismo che insieme abbiamo immaginato.